Donazione di Costantino

Si prega di aiutare a sostenere la missione di Nuovo Avvento e ottenere l’intero contenuto di questo sito web come un download immediato. Include l’Enciclopedia Cattolica, i Padri della Chiesa, la Summa, la Bibbia e altro ancora tutto per soli $19.99…

(latino, Donatio Constantini).

Con questo nome si intende, dalla fine del Medioevo, un documento falsificato dell’imperatore Costantino il Grande, con il quale venivano conferiti al papa e alla Chiesa romana grandi privilegi e ricchi possedimenti. Nel più antico manoscritto conosciuto (IX secolo) (Bibliothèque Nationale, Parigi, manoscritto latino 2777) e in molti altri manoscritti il documento porta il titolo: “Constitutum domini Constantini imperatoris”. È indirizzato da Costantino a Papa Silvestro I (314-35) e consiste di due parti. Nella prima (intitolata “Confessio”) l’imperatore racconta come fu istruito nella fede cristiana da Silvestro, fa una piena professione di fede, e racconta del suo battesimo a Roma da quel papa, e come fu così guarito dalla lebbra. Nella seconda parte (la “Donatio”) si fa in modo che Costantino conferisca a Silvestro e ai suoi successori i seguenti privilegi e possedimenti: il papa, come successore di San Pietro, ha il primato sui quattro patriarchi di Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Gerusalemme, nonché su tutti i vescovi del mondo. La basilica del Laterano a Roma, costruita da Costantino, supererà tutte le chiese come capo, allo stesso modo le chiese di San Pietro e San Paolo saranno dotate di ricchi possedimenti. I principali ecclesiastici romani (clerici cardinales), tra i quali possono essere ricevuti anche i senatori, otterranno gli stessi onori e distinzioni dei senatori. Come l’imperatore, la Chiesa romana avrà come funzionari cubicularii, ostiarii ed excubitores. Il papa godrà degli stessi diritti onorifici dell’imperatore, tra cui il diritto di indossare la corona imperiale, il mantello e la tunica di porpora, e in generale tutte le insegne imperiali o segni di distinzione; ma poiché Silvestro rifiutò di mettersi in testa una corona d’oro, l’imperatore lo investì dell’alto cappello bianco (phrygium). Costantino, continua il documento, rese al papa il servizio di strator, cioè condusse il cavallo su cui il papa cavalcava. Inoltre, l’imperatore fa dono al papa e ai suoi successori del palazzo del Laterano, di Roma e delle province, distretti e città d’Italia e di tutte le regioni occidentali (tam palatium nostrum, ut prelatum est, quamque Romæ urbis et omnes Italiæ seu occidentalium regionum provincias loca et civitates). Il documento continua dicendo che per sé l’imperatore ha stabilito in Oriente una nuova capitale che porta il suo nome, e lì trasferisce il suo governo, poiché è sconveniente che un imperatore secolare abbia il potere dove Dio ha stabilito la residenza del capo della religione cristiana. Il documento si conclude con maledizioni contro tutti coloro che osano violare queste donazioni e con l’assicurazione che l’imperatore le ha firmate di sua mano e le ha poste sulla tomba di San Pietro.

Questo documento è senza dubbio un falso, fabbricato da qualche parte tra gli anni 750 e 850. Già nel XV secolo la sua falsità era nota e dimostrata. Il cardinale Nicola di Cusa (De Concordantiâ Catholicâ, III, ii, nell’ed. di Basilea della sua Opera, 1565, I) ne parla come di un dictamen apocryphum. Alcuni anni dopo (1440) Lorenzo Valla (De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio, Mainz, 1518) provò con certezza la falsificazione. Indipendentemente da entrambi i suoi predecessori, Reginald Pecocke, vescovo di Chichester (1450-57), raggiunse una conclusione simile nella sua opera “The Repressor of over much Blaming of the Clergy”, Rolls Series, II, 351-366. La sua genuinità fu ancora occasionalmente difesa, e il documento ancora di più usato come autentico, finché Baronio nei suoi “Annales Ecclesiastici” (ad an. 324) ammise che la “Donatio” era una falsificazione, dopodiché fu presto universalmente ammesso come tale. È così chiaramente un falso che non c’è motivo di meravigliarsi se, con la rinascita della critica storica nel XV secolo, il vero carattere del documento fu subito riconosciuto. Il falsario si è servito di varie autorità, che Grauert e altri (vedi sotto) hanno indagato a fondo. L’introduzione e la conclusione del documento sono imitate da scritti autentici del periodo imperiale, ma vengono utilizzate anche formule di altri periodi. Nella “Confessione” di fede viene spiegata a lungo la dottrina della Santa Trinità, poi la caduta dell’uomo e l’incarnazione di Cristo. Ci sono anche reminiscenze dei decreti del Sinodo Iconoclasta di Costantinopoli (754) contro la venerazione delle immagini. La narrazione della conversione e della guarigione dell’imperatore è basata sugli apocrifi Atti di Silvestro (Acta o Gesta Sylvestri), tuttavia tutti i particolari della narrazione della “Donatio” non appaiono nei testi finora conosciuti di quella leggenda. Le distinzioni conferite al papa e ai cardinali della Chiesa romana il falsario le ha probabilmente inventate e descritte secondo certi riti contemporanei e il cerimoniale di corte degli imperatori romani e bizantini. L’autore ha utilizzato anche le biografie dei papi nel Liber Pontificalis, così come le lettere dei papi dell’VIII secolo, specialmente nel suo resoconto delle donazioni imperiali.

La paternità di questo documento è ancora avvolta nell’oscurità. Occasionalmente, ma senza sufficiente ragione, i critici lo hanno attribuito all’autore delle False Decretali o a qualche ecclesiastico romano dell’VIII secolo. D’altra parte, il tempo e il luogo della sua composizione sono stati ultimamente studiati a fondo da numerosi investigatori (soprattutto tedeschi), anche se nessuna conclusione sicura e universalmente accettata è stata ancora raggiunta. Per quanto riguarda il luogo della falsificazione, Baronio (Annales, ad. an. 1081) sosteneva che fosse stata fatta in Oriente da un greco scismatico; si trova, infatti, nelle collezioni canoniche greche. Natalis Alexander si oppose a questa opinione, e non è più tenuta da nessuno storico recente. Molti dei recenti studiosi critici del documento localizzano la sua composizione a Roma e attribuiscono la falsificazione ad un ecclesiastico, il loro argomento principale è quello intrinseco: questo falso documento fu composto a favore dei papi e della Chiesa romana, quindi Roma stessa deve aver avuto il principale interesse in una falsificazione eseguita per uno scopo così chiaramente espresso. Inoltre, le fonti del documento sono principalmente romane. Tuttavia, l’opinione precedente di Zaccaria e altri che la falsificazione abbia avuto origine nell’impero franco è stata abilmente difesa di recente da Hergenröther e Grauert (vedi sotto). Essi richiamano l’attenzione sul fatto che la “Donatio” appare per prima nelle collezioni franche, cioè nelle False Decretali e nel già citato manoscritto di St-Denis; inoltre la prima citazione certa di essa è di autori franchi della seconda metà del IX secolo. Infine, questo documento non fu mai usato nella cancelleria papale fino alla metà dell’XI secolo, né in generale vi si fa riferimento nelle fonti romane fino all’epoca di Ottone III (983-1002, cioè se il famoso “Diploma” di questo imperatore fosse autentico). Il primo uso certo di esso a Roma fu di Leone IX nel 1054, ed è da notare che questo papa era per nascita e formazione un tedesco, non un italiano. Gli scrittori citati hanno dimostrato che lo scopo principale della falsificazione era quello di provare la giustizia della translatio imperii ai Franchi, cioè il trasferimento del titolo imperiale all’incoronazione di Carlo Magno nell’800; la falsificazione era quindi importante soprattutto per l’impero franco. Questo punto di vista è giustamente sostenibile contro l’opinione della maggioranza che questa falsificazione abbia avuto origine a Roma.

Una divergenza di opinioni ancora maggiore regna per quanto riguarda l’epoca della sua composizione. Alcuni hanno affermato (più recentemente Martens, Friedrich e Bayet) che ciascuna delle sue due parti è stata fabbricata in tempi diversi. Martens ritiene che l’autore abbia eseguito la sua falsificazione a brevi intervalli; che il “Constitutum” abbia avuto origine dopo l’800 in connessione con una lettera di Adriano I (778) a Carlo Magno in cui il papa riconosceva la posizione imperiale a cui il re franco era giunto con i suoi sforzi e la sua fortuna. Friedrich (vedi sotto), al contrario, cerca di dimostrare che il “Constitutum” era composto da due parti realmente distinte. Il succo della prima parte, la cosiddetta “Confessio”, apparve tra il 638 e il 653, probabilmente 638-641, mentre la seconda, o “Donatio” vera e propria, fu scritta nel regno di Stefano II, tra il 752 e il 757, da Paolo, fratello e successore di Papa Stefano. Secondo Bayet la prima parte del documento fu composta al tempo di Paolo I (757-767); la seconda parte apparve nel 774 circa. In opposizione a queste opinioni, la maggior parte degli storici sostiene che il documento fu scritto nello stesso periodo e interamente da un solo autore. Ma quando è stato scritto? Colombier decide per il regno di Papa Conon (686-687), Genelin per l’inizio dell’ottavo secolo (prima del 728). Ma nessuna di queste opinioni è supportata da ragioni sufficienti, ed entrambe sono certamente insostenibili. La maggior parte degli investigatori accetta come prima data possibile il pontificato di Stefano II (752-757), stabilendo così una connessione tra il falso e gli eventi storici che portarono all’origine degli Stati della Chiesa e dell’Impero d’Occidente dei re franchi. Ma in quale anno del periodo che va dal suddetto pontificato di Stefano II fino alla ricezione del “Constitutum” nella raccolta delle False Decretali (840-50 circa) fu eseguito il falso? Quasi tutti gli studiosi di questa intricata questione mantengono una propria visione distinta. È necessario prima rispondere ad una domanda preliminare: Papa Adriano I nella sua lettera a Carlo Magno dell’anno 778 (Codex Carolinus, ed. Jaffé Ep. lxi) mostrava una conoscenza del “Constitutum”? Da un passo di questa lettera (Sicut temporibus beati Silvestri Romani pontificis a sanctæ recordationis piissimo Constantino magno imperatore per eius largitatem sancta Dei Catholica et Apostolica Romana ecclesia elevata et exaltata est et potestatem in his Hesperiæ partibus largiri dignatus, ita et in his vestris felicissimis temporibus atque nostris sancta Dei ecclesia, id est beati Petri apostoli, germinet atque exultet. . . .) diversi scrittori, per esempio Döllinger, Langen, Meyer e altri hanno concluso che Adriano I era allora a conoscenza di questa falsificazione, così che deve essere apparsa prima del 778. Friedrich assume in Adriano I una conoscenza del “Constitutum” dalla sua lettera all’imperatore Costantino VI scritta nel 785 (Mansi, Concil. Coll., XII, 1056). La maggior parte degli storici, tuttavia, si astiene giustamente dall’affermare che Adriano I abbia fatto uso di questo documento; dalle sue lettere, quindi, non si può dedurre il tempo della sua origine.

La maggior parte degli scrittori recenti sull’argomento assumono l’origine della “Donatio” tra il 752 e il 795. Tra questi, alcuni decidono per il pontificato di Stefano II (752-757) sull’ipotesi che l’autore del falso volesse avvalorare così le pretese di questo papa nei suoi negoziati con Pipino (Döllinger, Hauck, Friedrich, Böhmer). Altri abbassano la data del falso al tempo di Paolo I (757-767), e basano la loro opinione sugli eventi politici in Italia sotto questo papa, o sul fatto che egli aveva una speciale venerazione per San Silvestro, e che la “Donatio” aveva particolarmente in vista l’onore di questo santo (Scheffer-Boichorst, Mayer). Altri ancora collocano la sua origine nel pontificato di Adriano I (772-795), con l’ipotesi che questo papa sperasse in tal modo di estendere l’autorità secolare della Chiesa romana su gran parte dell’Italia e di creare in tal modo un potente Stato ecclesiastico sotto il governo papale (Langen, Loening). Un gruppo più piccolo di scrittori, tuttavia, rimanda la falsificazione a qualche data dopo l’800, cioè dopo l’incoronazione di Carlo Magno come imperatore. Tra questi, Martens e Weiland assegnano il documento agli ultimi anni del regno di Carlo Magno, o ai primi anni di Luigi il Pio, cioè da qualche parte tra l’800 e l’840. Essi sostengono che lo scopo principale della falsificazione era quello di conferire al sovrano occidentale il potere imperiale, o che il “Constitutum” doveva indicare ciò che il nuovo imperatore, come successore di Costantino il Grande, avrebbe potuto conferire alla Chiesa romana. Anche gli scrittori che cercano il falsario nell’impero franco sostengono che il documento fu scritto nel IX secolo, per esempio specialmente Hergenröther e Grauert. Quest’ultimo ritiene che il “Constitutum” abbia avuto origine nel monastero di St-Denis, a Parigi, poco prima o all’incirca nello stesso periodo delle False Decretali, cioè tra l’840 e l’850.

Strettamente collegata alla data della falsificazione è l’altra questione riguardante lo scopo primario del falsario della “Donatio”. Anche qui esiste una grande varietà di opinioni. La maggior parte degli scrittori che localizzano a Roma stessa l’origine della falsificazione sostengono che essa era intesa principalmente a sostenere le pretese dei papi al potere secolare in Italia; essi differiscono, tuttavia, riguardo alla portata di tali pretese. Secondo il Döllinger il “Constitutum” era destinato ad aiutare la creazione di un’Italia unita sotto il governo papale. Altri limiterebbero le pretese papali a quei distretti che Stefano II cercò di ottenere da Pipino, o a territori isolati che, allora o dopo, i papi desideravano acquisire. In generale, questa classe di storici cerca di collegare la falsificazione con gli eventi storici e i movimenti politici di quel tempo in Italia (Mayer, Langen, Friedrich, Loening e altri). Molti di questi scrittori pongono l’accento più sull’elevazione del papato che sulla donazione di territori. Occasionalmente si sostiene che il falsario abbia cercato di assicurare al papa una sorta di potere secolare superiore, qualcosa di simile alla supremazia imperiale contro il governo franco, allora solidamente stabilito in Italia. Ancora, alcuni di questa classe limitano all’Italia l’espressione occidentalium regionum provincias, ma la maggior parte di loro la intende come l’intero ex impero occidentale. Questo è l’atteggiamento di Weiland, per il quale l’oggetto principale della falsificazione è l’aumento del potere papale su quello imperiale, e l’istituzione di una sorta di supremazia imperiale del papa su tutto l’Occidente. Anche per questo motivo egli abbassa la data del “Constitutum” non oltre la fine del regno di Carlo Magno (814). Di fatto, però, in questo documento Silvestro ottiene effettivamente da Costantino il rango imperiale e gli emblemi della dignità imperiale, ma non la reale supremazia imperiale. Martens vede quindi nella falsificazione uno sforzo per elevare il papato in generale; Tutte le presunte prerogative del papa e degli ecclesiastici romani, tutti i doni di possedimenti terrieri e i diritti di governo secolare sono intesi a promuovere e confermare questa elevazione, e da tutto ciò il nuovo imperatore Carlo Magno dovrebbe trarre conclusioni pratiche per il suo comportamento nei confronti del papa. Scheffer-Boichorst ha un’opinione singolare, vale a dire che il falsario intendeva principalmente la glorificazione di Silvestro e Costantino, e solo in modo secondario una difesa delle pretese papali ai possedimenti territoriali. Grauert, per il quale il falsario è un soggetto franco, condivide l’opinione di Hergenröther, cioè che il falsario aveva in mente una difesa del nuovo impero d’Occidente dagli attacchi dei bizantini. Perciò era molto importante per lui stabilire la legittimità dell’impero appena fondato, e questo scopo era particolarmente aiutato da tutto ciò che il documento afferma riguardo all’elevazione del papa. Da quanto precede si vedrà che resta ancora da dire l’ultima parola della ricerca storica in questa materia. Importanti questioni riguardanti le fonti del falso, il luogo e il tempo della sua origine, la tendenza del falsario, attendono ancora la loro soluzione. Le nuove ricerche presteranno probabilmente ancora più attenzione alla critica testuale, specialmente quella della prima parte o “Confessione” di fede.

Per quanto le prove a disposizione ci permettono di giudicare, il “Constitutum” falsificato fu reso noto per la prima volta nell’Impero franco. Il più antico manoscritto esistente di esso, certamente del IX secolo, fu scritto nell’impero franco. Nella seconda metà di quel secolo il documento è espressamente menzionato da tre scrittori franchi. Ado, vescovo di Vienne, ne parla nella sua Cronaca (De sex ætatibus mundi, ad an. 306, in P.L., CXXIII, 92); Æneas, vescovo di Parigi, vi fa riferimento nella difesa del primato romano (Adversus Græcos, c. ccix, op. cit, CXXI, 758); Hincmar, arcivescovo di Reims, menziona la donazione di Roma al papa da parte di Costantino il Grande secondo il “Constitutum” (De ordine palatii, c. xiii, op. cit., CXXV, 998). Il documento ottenne una più ampia circolazione con la sua incorporazione alle False Decretali (840-850, o più precisamente tra l’847 e l’852; Hinschius, Decretales Pseudo-Isidorianæ, Leipzig, 1863, p. 249). A Roma non si fece alcun uso del documento durante il nono e il decimo secolo, nemmeno durante i conflitti e le difficoltà di Nicola I con Costantinopoli, quando avrebbe potuto servire come argomento gradito per le rivendicazioni del papa. Il primo papa che la utilizzò in un atto ufficiale e vi fece affidamento, fu Leone IX; in una lettera del 1054 a Michele Cærularius, patriarca di Costantinopoli, egli cita la “Donatio” per dimostrare che la Santa Sede possedeva sia un imperium terreno che uno celeste, il sacerdozio reale. Da allora in poi la “Donatio” acquista più importanza e viene usata più frequentemente come prova nei conflitti ecclesiastici e politici tra il papato e il potere secolare. Anselmo di Lucca e il cardinale Deusdedit la inserirono nelle loro raccolte di canoni. Graziano, è vero, lo escluse dal suo “Decretum”, ma vi fu presto aggiunto come “Palea”. Gli scrittori ecclesiastici in difesa del papato durante i conflitti della prima parte del XII secolo la citavano come autorevole (Hugo di Fleury, De regiâ potestate et ecclesiasticâ dignitate, II; Placido di Nonantula, De honore ecclesiæ, cc. lvii, xci, cli; Disputatio vel defensio Paschalis papæ, Honorius Augustodunensis, De summâ gloriæ, c. xvii; cf. Mon. Germ. Hist., Libelli de lite, II, 456, 591, 614, 635; III, 71). Anche San Pietro Damiano vi fece affidamento nei suoi scritti contro l’antipapa Cadalo di Parma (Disceptatio synodalis, in Libelli de lite, I, 88). Gregorio VII stesso non citò mai questo documento nella sua lunga guerra per la libertà ecclesiastica contro il potere secolare. Ma Urbano II se ne servì nel 1091 per sostenere le sue pretese sull’isola di Corsica. I papi successivi (Innocenzo III, Gregorio IX, Innocenzo IV) presero la sua autorità per scontata (Innocenzo III, Sermo de sancto Silvestro, in P.L., CCXVII, 481 sqq.; Raynaldus, Annales, ad an. 1236, n. 24; Potthast, Regesta, n. 11.848), e gli scrittori ecclesiastici spesso adducevano le sue prove a favore del papato. Gli avversari medievali dei papi, d’altra parte, non negarono mai la validità di questo appello alla pretesa donazione di Costantino, ma si sforzarono di mostrare che le deduzioni legali tratte da esso erano fondate su false interpretazioni. L’autenticità del documento, come già detto, non fu messa in dubbio da nessuno prima del XV secolo. Era noto ai greci nella seconda metà del XII secolo, quando appare nella collezione di Teodoro Balsamone (1169 sqq.); più tardi un altro canonista greco, Matthæus Blastares (circa 1335), lo ammise nella sua collezione. Appare anche in altre opere greche. Inoltre, era molto stimato nell’Oriente greco. I greci rivendicavano, è noto, per il vescovo della Nuova Roma (Costantinopoli) gli stessi diritti onorifici di cui godeva il vescovo della Vecchia Roma. Ormai, in virtù di questo documento, essi rivendicavano per il clero bizantino anche i privilegi e le perogative concesse al papa e agli ecclesiastici romani. In Occidente, molto tempo dopo che la sua autenticità fu contestata nel XV secolo, la sua validità fu ancora sostenuta dalla maggioranza dei canonisti e dei giuristi che continuarono per tutto il XVI secolo a citarlo come autentico. E anche se Baronio e gli storici successivi riconobbero che si trattava di un falso, si sforzarono di mettere in campo altre autorità in difesa del suo contenuto, soprattutto per quanto riguarda le donazioni imperiali. In tempi successivi anche questo fu abbandonato, così che ora l’intero “Constitutum”, sia nella forma che nel contenuto, è giustamente considerato in tutti i sensi un falso. Vedi DECRETALI FALSI; SYLVESTER I; STATI DELLA CHIESA; POTERE TEMPORALE.

Fonti

Il testo della Donatio è stato spesso stampato, per esempio in LABBE, Concil, I, 1530; MANSI, Concil. col., II, 603; infine da GRAUERT (vedi sotto) e ZEUMER in Festgabe für Rudolf von Gneist (Berlino, 1888), 39 sqq. Vedi HALLER, Die Quellen zur Geschichte der Entstehung des Kirchenstaats (Leipzig e Berlin, 1907) 241-250; CENNI, Monumenta dominationis Pontificiæ (Roma, 1760), I, 306 sqq.; cf. Origine della Donazione di Costantino in Civilta Cattolica, ser. V, X, 1864, 303 sqq. I seguenti sono non cattolici: ZINKEISEN, The Donation of Constantine as applied by the Roman Church in Eng. Hist. Review (1894), IX, 625-32; SCHAFF, Hist. of the Christ. Church (New York, 1905), IV, 270-72; HODGKIN, Italy and Her Invaders (Oxford, 1899), VII, 135 sqq. Vedi anche COLOMBIER, La Donazione di Costantino in Etudes Religieuses (1877), XI, 800 sqq.; BONNEAU, La Donazione di Costantino (Lisieux, 1891); BAYET, La fausse Donation de Constantin in Annuaire de la Faculté des lettres de Lyon (Paris, 1884), II, 12 sq.; DÖLLINGER, Papstfabeln des Mittelalters (Monaco, 1863), Stuttgart, 1890), 72 sqq.; HERGENRÖTHER, Katholische Kirche und christlicher Staat (Freiburg im Br, 1872), I, 360 sqq.; GENELIN, Das Schenkungsversprechen und die Schenkung Pippins (Leipzig, 1880), 36 sqq.; MARTENS, Die römische Frage unter Pippin und Karl dem Grossen (Stuttgart, 1881), 327 sqq.; IDEM, La falsa concessione generale di Costantino il Grande (Monaco, 1889); IDEM, Illuminazione delle ultime controversie sulla questione romana sotto Pipino e Carlo Magno (Monaco, 1898), 151 sqq.; GRAUERT Die konstantinische Schenkung in Historisches Jahrbuch (1882), 3 sqq. (1883), 45 sqq., 674 sqq. (1884), 117 sqq.; LANGEN, Entstehung und Tendenz der konstantinischen Schenkungsurkunde in Historische Zeitschrift für Kirchenrecht (1889), 137 sqq, 185 sqq.; BRUNNER, Das Constitutum Constantini in Festgabe für R. von Gneist (Berlin, 1888), 3 sqq.; FRIEDRICH, Die konstantinische Schenkung (Nördlingen, 1889); SCHEFFER-BOICHORST, Neuere Forschungen über die konstantinische Schenkung in Mitteilungen des Instituts fürösterr. Geschichtsforsch. (1889), 302 sqq. (1890), 128 sqq.; LAMPRECHT, Die römische Frage von Konig Pippin bis auf Kaiser Ludwig den Frommen (Leipzig, 1889), 117 sqq.; LOENING, Die Entstehung der konstantinischen Schenkungsurkunde in Histor. Zeitschrift (1890), 193 sqq.; BÖHMER, Konstantinische Schenkung in Realencyclopadie für prot. Theol. (Leipzig, 1902), XI, 1 sqq.

A proposito di questa pagina

Citazione APA. Kirsch, J.P. (1909). Donazione di Costantino. In L’enciclopedia cattolica. New York: Robert Appleton Company. http://www.newadvent.org/cathen/05118a.htm

Citazione MLA. Kirsch, Johann Peter. “Donazione di Costantino”. L’enciclopedia cattolica. Vol. 5. New York: Robert Appleton Company, 1909. <http://www.newadvent.org/cathen/05118a.htm>.

Transcription. Questo articolo è stato trascritto per New Advent da Steven Fanning.

Approvazione ecclesiastica. Nihil Obstat. 1 maggio 1909. Remy Lafort, Censore. Imprimatur. +John M. Farley, Arcivescovo di New York.

Informazioni di contatto. L’editore di New Advent è Kevin Knight. Il mio indirizzo e-mail è webmaster at newadvent.org. Purtroppo, non posso rispondere ad ogni lettera, ma apprezzo molto il vostro feedback – specialmente le notifiche su errori tipografici e annunci inappropriati.

Leave a Reply