The Hateful Eight (2015)

Questo è un bel pezzo di narrazione – un mistero, un western e un dramma politico – tutti fusi insieme ad arte da una troupe esperta e attori di talento.
L’azione è ambientata nel Wyoming antebellico, nel cuore di una tormenta di neve, in un bar di frontiera. L’ambientazione è molto importante qui.
Il periodo è significativo per le correnti politiche che scorrono in quasi tutti i personaggi. I sentimenti sulla guerra civile americana sono molto evidenti, con atrocità complici presenti in quasi tutti i personaggi. La guerra ha tirato fuori cose orribili in queste persone, e vediamo come affrontano questa conoscenza condivisa, sia a livello personale che tra di loro.
La tormenta di neve fornisce il necessario isolamento alla storia. Questi personaggi sono bloccati l’uno con l’altro, e questa vicinanza forzata è centrale per la storia – sono tutti odiosi, e quell’odio si riverbera tra loro, distruggendo la pace e la speranza. L’odio è ciò che li unisce e l’odio è ciò che li distrugge. La bufera di neve fornisce anche alcuni interessanti elementi incidentali che sono affascinanti da guardare, come la difficoltà di un compito semplice come preparare le linee guida, o andare al bagno, e il freddo infernale esplode verso l’interno a volte (quando la porta viene aperta) con effetto punteggiante, fornendo alcune pause alla narrazione, e anche alcune risate necessarie.
E il bar… L’azione di questo film si svolge principalmente in una grande stanza. Assomiglia molto a una rappresentazione teatrale (come ha detto un altro recensore), permettendo una maggiore intimità con i personaggi e le loro interazioni, mentre ci fornisce l’opportunità di assistere a più scenari che si svolgono allo stesso tempo. Questa densità di azione è molto bella. Ci viene concessa l’onniscienza in terza persona senza perdere la connessione con le motivazioni e le prospettive degli attori.
E la scenografia si integra molto bene con la recitazione. Vediamo gli attori principali fare il massimo non solo con le loro azioni motivazionali primarie, ma con quasi tutte le scelte di blocco e di azione impegnata. Il regista e il team di produzione fanno una scelta molto saggia nel mostrare i piccoli dettagli di ciò che succede qui. Si presta attenzione alle azioni procedurali realistiche, e alle reazioni, per questi dettagli. Il risultato è che vediamo i personaggi comportarsi in modi ragionevoli per il loro ambiente, soffermandosi a disarmare uno sconosciuto, o ad allentare una catena, non semplicemente perché la trama lo richiede, ma perché è una scelta ragionevole che avrebbero fatto in quel momento. Molto rinfrescante da vedere, in realtà.
Sul lato negativo, la scelta di Tarrantino di usare la narrazione è stata eseguita in modo debole. Non so se ci sarebbe stato un modo per farlo senza narrazione, ma l’uso effettivo ha sminuito la storia in corso. Inoltre, ci sono stati alcuni punti nell’azione in cui i personaggi sembravano essere un po’ troppo accettanti degli eventi che trasparivano intorno a loro. Questo è puramente un difetto di regia/scrittura.
Ma nel complesso, un film molto guardabile, che non ha paura di ritrarre alcune parti molto sporche e scomode della psiche umana. Alcune persone sembrano avere un problema con quest’ultima parte. Il mio consiglio è di rilassarsi un po’ e accettare l’arte che fa un po’ male. Questa è una delle cose che la buona arte può fare.

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