p18 Aediles

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Articolo di George Long, M.A., Fellow of Trinity College
alle pp18-20 di

William Smith, D.C.L., LL.D.:
A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, John Murray, London, 1875.

AEDI′LES (ἀγορανόμοι).Il nome di questi funzionari si dice derivi dal fatto che avevano la cura del tempio (aedes) di Cerere. Gli aediles erano originariamente due in numero, e chiamati aediles plebeii; erano eletti dalla plebe, e l’istituzione della carica risale alla stessa epoca dei tribuni plebis, a.C. 494. I loro compiti all’inizio sembrano essere stati meramente ministeriali; erano gli assistenti dei tribuni in quelle questioni che i tribuni affidavano loro, tra le quali sono elencate le udienze delle cause di minore importanza. In un primo periodo dopo la loro istituzione (446 a.C.), li troviamo nominati custodi dei senatus consulta, che i consoli avevano fino ad allora arbitrariamente soppresso o alterato (Liv. III.55). Erano anche i custodi della plebiscita. Altre funzioni furono gradualmente affidate loro, e non è sempre facile distinguere i loro compiti da alcuni di quelli che appartengono ai censori; né distinguere tutti i compiti degli aedili plebei e curule, dopo l’istituzione della curule aediles. Avevano la sovrintendenza generale degli edifici, sia sacri che privati: sotto questo potere provvedevano al mantenimento e alla riparazione di templi, curiae, &c., e si preoccupavano che gli edifici privati che erano in stato di rovina (aedes vitiosae, ruinosae) fossero riparati dai proprietari, o abbattuti. La sovrintendenza sull’approvvigionamento e la distribuzione dell’acqua a Roma era, in un primo periodo, una questione di amministrazione pubblica. Secondo Frontino, questo era il compito dei censori; ma quando non c’erano censori, era di competenza degli edili. La cura di ogni particolare fonte o approvvigionamento era affidata agli impresari (redemptores), e tutto ciò che essi facevano era soggetto all’approvazione dei censori o degli edili (De Aquaeduct. Rom. lib. II). La cura delle strade e dei marciapiedi, con la pulizia e il drenaggio della città, apparteneva agli edili, e la cura delle cloacae. Essi avevano l’ufficio di distribuire il grano tra la plebe, che a volte veniva dato gratuitamente, a volte venduto a poco prezzo; ma questa distribuzione di grano a Roma non deve essere confusa con il compito di acquistarlo o procurarlo da parti straniere, che era svolto dai consoli, questori e pretori, e talvolta da un magistrato straordinario, come il praefectus annonae. Gli edili dovevano controllare che le terre pubbliche non fossero usate impropriamente, e che i pascoli dello stato non fossero violati; e avevano il potere di punire con una multa qualsiasi atto illegale in questo senso. Le multe erano impiegate nella pavimentazione delle strade e in altri scopi pubblici. Avevano una supervisione generale sulla compravendita, e, di conseguenza, la supervisione dei mercati, delle cose esposte alla vendita, come gli schiavi, e dei pesi e delle misure: da questa parte del loro compito è derivato il nome con cui gli edili sono menzionati dagli scrittori greci (ἀγορανόμοι). Il loro compito era quello di controllare che nessuna nuova divinità o rito religioso fosse introdotto nella città, di badare all’osservanza delle cerimonie religiose e alle celebrazioni delle antiche feste e sagre. La sovrintendenza generale della polizia comprendeva il dovere di preservare l’ordine, la decenza e l’ispezione dei bagni, delle case di divertimento, dei bordelli e delle prostitute. Gli aediles avevano vari ufficiali sotto di loro, come praecones, scribae, e viatores.

Gli Aediles Curules, che erano anche in numero di due, erano originariamente scelti solo dai patrizi, poi alternativamente dai patrizi e dalla plebe, e infine indifferentemente da entrambi (Liv. VII.1). La carica di curule aediles fu istituita nel 365 a.C., e, secondo Livio, in occasione del rifiuto degli edile plebei di acconsentire a celebrare i ludi maximi per lo spazio di quattro giorni invece di tre; su questo fu approvato un senatus consultum, con il quale due edile dovevano essere scelti tra i patrizi. Da questo momento furono eletti annualmente quattro editti, due plebei e due curuli (Liv. VI.42). Gli onori distintivi degli aediles curules erano la sella curialis, da cui deriva il loro titolo, la toga praetexta, la precedenza nel parlare in senato, e lo jus imaginum (Cic. Verr. V.14). Solo gli aediles curules avevano il jus edicendi, o il potere di promulgare gli edicta (Gaio, I.6); ma le regole comprese nei loro edicta servivano per la guida di tutti gli aediles. Gli editti degli edicolanti curule erano fondati sulla loro autorità di sovrintendenti dei mercati, e della compravendita in generale. Di conseguenza, i loro editti si riferivano principalmente, o forse unicamente, alle regole di compravendita e ai contratti di compravendita. Erano il fondamento delle actiones aediliciae, tra le quali sono incluse l’actio redhibitoria, equanti minoris (Dig. 21 tit. 1 De Aedilicio Edicto; Gell. IV.2). Gran parte delle disposizioni dell’editto degli edili riguardano la compravendita di schiavi. Le persone sia degli edili plebei che di quelli curule erano sacrosante (Liv. III.55).

Sembra che dopo la nomina degli edili curule, le funzioni prima esercitate dagli edili plebei furono esercitate, con qualche eccezione, da tutti gli edili indifferentemente. Entro cinque giorni dall’elezione o dall’entrata in carica, erano tenuti a determinare a sorte, o di comune accordo tra loro, quali parti della città ciascuno avrebbe dovuto prendere sotto la sua sovrintendenza; e ogni edile aveva la sola cura di occuparsi della pavimentazione e della pulizia delle strade, e di altre questioni, si può presumere, dello stesso carattere locale nel suo distretto (Tabul. Heracl. ed. Mazoch).

Nella sovrintendenza delle feste pubbliche e delle solennità, c’era un’ulteriore distinzione tra i due gruppi di edili. Molte di queste feste, come quelle di Flora (Cic. Verr. V.14;Ov. Fast. V.287, &c.) e di Cerere, erano sovrintese indifferentemente dall’una o dall’altra serie di edili; ma i giochi plebei (plebeii ludi) erano sotto la sovrintendenza degli edili plebei (Liv. XXXI.50), che avevano un’indennità di denaro per questo scopo; e le multe imposte ai tepecuarii, e ad altri, sembrano essere state destinate a questi tra gli altri scopi pubblici (Liv.X.23;XXVII.6; Ov. Fast. V.278, &c.). La celebrazione dei Ludi magni o Romani, dei Ludi scenici, e dei Ludi Megalesiior Megalenses, apparteneva specialmente alle curule aediles (Liv. XXXI.50; e le Didascaliae ai drammi di Terenzio), ed era in tali occasioni che essi spesso sostenevano una spesa prodigiosa, allo scopo di compiacere il popolo e assicurarsi i suoi voti nelle future elezioni. Queste spese stravaganti degli edili sorsero dopo la fine della seconda guerra punica, e aumentarono con le opportunità che gli individui avevano di arricchirsi dopo che le armi romane furono portate in Grecia, Africa e Spagna. Anche la prodigalità degli imperatori superava a malapena quella dei singoli curule aedili sotto la repubblica, come C. Giulio Cesare (Plut. Caesar, 5), poi il dittatore, P. Cornelio Lentulo Spinther e, soprattutto, M. Emilio Scauro, le cui spese non si limitavano al puro spettacolo, ma comprendevano oggetti di pubblica utilità, come la riparazione di mura, cantieri, porti e acquedotti (Cic. de Off. II.17Plin. H. N.XXIII.3,XXXVI.15). Dion Cassius (XLIII.48) menziona un caso in cui i Ludi Megalesii erano sovrintesi dagli edili plebei; ma ciò avveniva in base a un senatus consultum, e quindi l’eccezione particolare conferma la regola generale.

Nel 45 a.C., Giulio Cesare fece eleggere due edili curule e quattro edili plebei; e da allora, almeno finché la carica di edile ebbe una qualche importanza, furono eletti annualmente sei edili. I due nuovi edili plebei erano chiamati Cereales, e il loro compito era quello di occuparsi del rifornimento di grano.º Anche se il loro ufficio potrebbe non aver avuto una grande importanza dopo l’istituzione di un praefectus annonae da parte di Augusto, non c’è dubbio che sia esistito per diversi secoli, e almeno fino al tempo di Gordiano.

Gli edili appartenevano alla classe dei minores magistratus. Dionigi afferma che gli edili erano originariamente scelti nei comitia curiata (IX.43); ma questo non è probabile. Gli edili plebei erano originariamente scelti nei comitia centuriata, ma in seguito nei comitia tributa (Dionys. VI.90, IX.43,49; Liv. II.56, 57), nei quali comitia venivano scelti anche gli edili curule, nello stesso momento (Plut. Marius, 5); ma sembra che ci fosse una votazione separata per gli edili curule e plebei, e che gli edili curule fossero eletti per primi. Sembra che fino all’approvazione della lex annalis, un cittadino romano potesse essere candidato a qualsiasi carica dopo aver compiuto il suo ventisettesimo anno. Questa lex annalis, che fu approvata su richiesta del tribuno L. Villius Tappulus, nel 180 a.C., fissava l’età in cui si poteva godere di ogni carica (Liv. XL.44). Il passo di Livio non menziona quali fossero le età fissate da questa legge; ma si raccoglie da vari passi di scrittori romani, che l’età fissata per l’incarico di edile era di trentasei anni. Questa, almeno, era l’età in cui un uomo poteva essere candidato all’edilità di curule, e non sembra che ci fosse una regola diversa per l’edilità plebea. Al tempo di Cicerone, gli edili erano eletti in luglio, il luogo abituale dell’elezione era il Campo Marzio (Campus Martius), e il magistrato che presiedeva era un console.

Gli edili esistevano sotto gli imperatori; ma i loro poteri furono gradualmente diminuiti, e le loro funzioni esercitate da nuovi ufficiali creati dagli imperatori. Dopo la battaglia di Azio, Augusto nominò un praefectus urbi, che esercitava la polizia generale, che prima era stato uno dei compiti degli edili. Augusto tolse anche agli edili, o esercitò lui stesso, l’ufficio di sovrintendere ai riti religiosi e di bandire dalla città tutti i cerimoniali stranieri; assunse anche la sovrintendenza dei templi, e così si può dire che abbia distrutto l’edilato privandolo della sua vecchia e originale funzione. Questo servirà a spiegare il fatto menzionato da Dion Cassio (LV.24), che nessuno era disposto a ricoprire una carica così spregevole, e Augusto fu quindi ridotto alla necessità di costringere delle persone a prenderla; le persone furono quindi scelte a sorte, tra quelle che avevano servito l’ufficio di questore e tribuno; e questo fu fatto più di una volta. L’ultimo esempio registrato degli splendori dell’edilato è l’amministrazione di Agrippa, che si offrì volontario per assumere la carica, e riparò tutti gli edifici pubblici e tutte le strade a proprie spese, senza attingere nulla dall’erario (Dion Cass. XLIX.43;Plin. H. N. XXXVI.15). L’edilato aveva comunque perso il suo vero carattere prima di questo tempo. Agrippa era già stato console prima di accettare l’ufficio di edile, e le sue spese munifiche in questo ufficio nominale furono la fine dello splendore dell’edilato. Augusto nominò gli edili curule specialmente all’ufficio di spegnere gli incendi, e mise al loro comando un corpo di 600 schiavi; ma i praefecti vigiluma in seguito svolsero questo compito. Allo stesso modo i curatores viarum furono nominati da lui per sovrintendere alle strade vicine alla città, e i quatuorviri per sovrintendere a quelle all’interno di Roma. I curatori operum publicorum e i curatori alvei Tiberis, anch’essi nominati da Augusto, spogliarono gli edili dei pochi compiti che potevano essere chiamati onorevoli. Persero anche la sovrintendenza dei pozzi, o sorgenti, e degli acquedotti (Frontino II. De Aquaeductibus). Essi mantennero, sotto i primi imperatori, una sorta di polizia, allo scopo di reprimere l’aperta licenziosità e il disordine; così i bagni, i locali di ristorazione e i bordelli erano ancora soggetti alla loro ispezione, e la registrazione delle prostitute rientrava ancora nei loro compiti (Tacit. Annal. II.85). Leggiamo che gli edili sotto Augusto cercavano i libri diffamatori per bruciarli; e anche sotto Tiberio (Tacit. Ann. IV.35).

Anche le colonie, e i municipi del periodo successivo, avevano i loro edili, il cui numero e le cui funzioni variavano in luoghi diversi. Sembra, comunque, per quanto riguarda i loro poteri e doveri, che assomigliassero agli edili di Roma. Erano scelti annualmente (De Aedil. Col., &c. Otto. Lips. 1732).

La storia, i poteri e i doveri degli edili sono esposti con grande minuzia da Schubert, De Romanorum Aedilibus, lib. IV Regimontii, 1828. Vedi anche Wunder, De Romanorum Comitiis Aedilium Curialium, nella sua edizione dell’Orazione Pro. Cn. Plancio, Leipzig, 1830.

Per un riassunto molto più semplice, vedi questa buona pagina su Livius.Org.

Le immagini con i bordi portano a maggiori informazioni.)
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