Headass è l’ultima parola gergale che aggiungerò al mio vocabolario
E’ con realizzazione agrodolce che aggiungo headass all’uso regolare mentre capisco che è l’ultima volta che farò una cosa simile. È una sottile accettazione del fatto che sto entrando nei miei ultimi vent’anni. Accetto di invecchiare, di non essere al centro dell’attenzione, della crema sotto gli occhi e delle sbornie. Nonostante abbia finalmente raggiunto l’età in cui posso permettermi di essere cool, non so nemmeno da dove cominciare. Mi mette a disagio.
Ora sono condannata a pensare di essere al passo con gli youf ascoltando Desiigner e Fetty Wap quando gli youf, in realtà, si sono spostati da tempo su persone – persone più basse e più giovani – che non potrei identificare se mi sfondassero la porta e iniziassero a giocare a domino con pillole da prescrizione. Forse mi limiterò a guardare le repliche di A Different World su Putlocker mentre ascolto la stessa musica che ascolto dal secondo anno del 2006.
Ma non voglio che ciò che è vecchio torni nuovo. Non è questo che intendo. Non voglio i remake di Martin e Living Single. Voglio solo averlo, amico. Voglio la soddisfazione di averlo. Voglio sentirmi parte di qualcosa. Il mondo sta cambiando e non mi piace.
La natura fast forward della mia adolescenza e dei miei primi vent’anni ha naturalmente rallentato. Ho frequentato l’università nel Sud tra il 2009 e il 2013. C’erano ragazzi neri dappertutto che mi hanno introdotto a Drill e Bounce e parole dalla California del Nord a Lagos, Nigeria. Ora, imparo nuova musica nera una volta all’anno da hypebeast NBPOC in uno dei miei lavori.
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